Russare riduce memoria e
coordinazione
l'apnea nel sonno fa danni al cervello
Ricercatori australiani e britannici hanno "fotografato" gli effetti della sospensione del respiro; il mancato afflusso di ossigeno colpisce in particolare due aree cerebrali: quella che archivia le esperienze e quella che coordina i movimenti e governa i cambi d'attenzione
Non è solo causa di fastidio per sè e per
il partner: russare fa anche male al cervello. Secondo una ricerca australiana,
l'apnea nel sonno, ossia la condizione di respirazione interrotta o sospesa
caratteristica di buona parte delle persone che russano, provoca "danni"
cerebrali, restringendo la materia grigia, le cellule che costituiscono i centri
del pensiero e dell'elaborazione.
Il gruppo di studiosi dell'Istituto per la respirazione e il sonno di Melbourne
ritiene di aver trovato le prove finora più affidabili a sostegno della tesi.
Nello studio, presentato a un congresso medico sul sonno a Christchurch, in
Nuova Zelanda, i ricercatori hanno usato la risonanza magnetica per eseguire
scintigrafie cerebrali di 60 pazienti sofferenti di apnea nel sonno e hanno
confrontato i risultati con quelli dello stesso test fatto a 60 persone che non
ne soffrivano.
"Abbiamo osservato dei mutamenti nel cervello di pazienti con apnea nel sonno -
ha detto Fergal O'Donoghue, che ha guidato il progetto in collaborazione con
colleghi britannici - . Due aree in particolare sono danneggiate dalla mancanza
di ossigeno: una nella parte inferiore del cervello, vicino all'area usata per
la memoria, e l'altra nel cerebellum, responsabile della coordinazione dei
movimenti e della capacità di trasferire l'attenzione da un compito all'altro".
Lo studio conferma prove aneddotiche secondo cui chi soffre di apnea nel sonno è
a maggior rischio di incidenti stradali, depressione e problemi di memoria.
"Uno dei messaggi dello studio - ha detto O'Donoghue - è che se si hanno
sintomi di apnea nel sonno è importante cercare attenzione medica, perché non è
solo il problema fastidioso del russare, ma può essere più grave".
Articolo di Repubblica.it-Salute
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